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“La vergogna di essere italiani”. Lavoratori Filanto manifestano per l’ indennità

Oltre 600 maestranze senza cassa straordinaria. Presidio davanti al municipio di Casarano e vertice tra sindacati e primi cittadini. "Serve un tavolo regionale". E l'azienda potrebbe aver revocato la richiesta di concordato preventivo

CASARANO – Non le mandano certo a dire le maestranze dell’ex colosso calzaturiero Filanto di Casarano, un’azienda fiore all’occhiello del Sud Salento, che anno dopo anno ha sgretolato il proprio impero. Durante la manifestazione odierna, organizzata dai tre sindacati confederali e dalle categoria Filctem Cgil, Uiltec Uil e Femca Cisl, davanti al municipio di Casarano, la tensione si tagliava con il coltello.

Nessun coro, nessuna protesta accesa, ma la rabbia dei 600 lavoratori era compressa e sospesa in quel limbo d’attesa in cui sono finiti da mesi. Da quando, cioè, le cinque società del gruppo (Filanto spa, Tecnosuole srl, Zodiaco srl, Labor srl, Italiana Pellami srl) insieme all’azienda Tessiltech hanno presentato richiesta di concordato preventivo per accedere agli ammortizzatori sociali. Si parla della cassa integrazione straordinaria: l’accesso per la proroga della cassa in deroga, infatti, è sbarrato dalla nuova soglia posta dalla Regione Puglia. E di ammortizzatori sociali ordinari si è già fatto ampiamente uso.

Come segnalato negli ultimi giorni, infatti, un intoppo di natura burocratica potrebbe provocare un danno sociale di enorme portata: dalla presentazione della richiesta, fino all’accettazione del Tribunale sono già trascorsi oltre 90 giorni in cui, a nessuno di loro, è stato versato un solo centesimo. In più, il ministero del Lavoro ha fatto sapere che la decorrenza della cassa partirà dal decreto di approvazione, anziché dalla data di presentazione della domanda.

Mesi su mesi che sono già trascorsi nel vuoto del sussidio economico, cui rischiano di sommarsi i tempi tecnici della sospensione estiva. “La bomba sociale è sul punto di esplodere” confermano i sindacati che vivono quotidianamente, sulla propria pelle, lo stato di allarme che ha raggiunto il livello di guardia.

Come a dire: o si corre ai ripari, o nessuno sarà più in grado di fermare la marea che monta, incanalando il disagio sul binario della protesta civile. Ed ora che il fondo del barile delle casse pubbliche è stato quasi raschiato, non è più tempo di tirare a campare mediante il magro assegno degli ammortizzatori sociali. “Questa è l’emergenza che occorre immediatamente tamponare – aggiungono i sindacalisti durante l’incontro che si è tenuto nel palazzo comunale di Casarano -, ma non siamo affezionati alla questione della cassa integrazione. Bisogna puntare sul lavoro, attraverso una programmazione sinergica, di lungo respiro, che coinvolga ogni livello istituzionale”. Prendendo spunto, per esempio, da quel ‘Piano del lavoro’ su cui punta Cgil che vorrebbe sfruttare al meglio le risorse economiche, e gli incentivi alle assunzioni, offerti dall’ente barese di via Capruzzi.

filanto (4)-3Nel caso specifico dell’azienda Filanto, però, nessun posto è stato perso a causa dei licenziamenti. Semmai l’emorragia che ha fatto calare il numero di dipendenti da 3mila a poco più di 130, nell’arco di dieci anni, è dipesa dalle procedure di mobilità volontaria, spiega Franco Nastrini di Uiltec Uil. Una magra consolazione, se si pensa al mancato utilizzo di quei 40 milioni di euro, rimasti tra le pieghe di un famoso ‘accordo di programma’ per il comparto Tac (tessile, abbigliamento, calzaturiero) datato 2010. Destinato al rilancio dell’area industriale del  Pit 9, modellato proprio sul ‘caso’ Filanto, ma di cui nessuno ha contezza.

Sempre il gruppo Filanto oggi è ritornato sul banco degli imputati per un episodio ancora tutto da verificare. I sindacalisti dicono di aver scoperto, del tutto casualmente, un’operazione compiuta dai vertici aziendali a “loro insaputa”. Ovvero “l’impresa avrebbe ritirato i documenti per la richiesta di concordato preventivo, aprendo, così un grosso interrogativo sul futuro dei lavoratori”, spiega Franco Nastrini di Uiltec Uil, appoggiato da Salvatore Arnesano di Cgil, Giuseppe Guagnano di Filctem Cgil e Salvatore Giannetto di Uil.

Secondo le parti sociali, che hanno trovato sponda nei primi cittadini del Capo di Leuca presenti all’incontro, servono due azioni immediate. La richiesta di convocazione di un incontro in prefettura, alla presenza dei vertici Filanto, per chiarire la vicenda e comprendere lo stato dell’arte dell’impresa. E la successiva attivazione di un tavolo regionale alla presenza di tutti gli attori istituzionali, compresa la deputazione salentina, per giocarsi il tutto e per tutto nel rilancio produttivo (seppur a piccoli passi) di un territorio desertificato.

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