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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"Old machine": versati 800mila euro, il pm dispone il dissequestro della Iris Sud

La proprietà ha emesso un assegno circolare pari alla somma dei contributi che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati percepiti in modo illecito. Sospiro di sollievo per i cento dipendenti dell'azienda

CASARANO – Sembrano scongiurati, per il momento, i rischi occupazionali per i cento dipendenti della Iris Sud Srl di Casarano, rimasti loro malgrado alla porta, dopo il sequestro per equivalente disposto nell’ambito dell’operazione “Old machine” del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bari. Il pubblico ministero della Procura di Lecce, Antonio Negro, infatti, ha disposto il dissequestro dell’azienda, dopo il versamento da parte della proprietà di un assegno circolare per l’importo di circa 800 mila euro, pari, cioè, alla somma dei contributi che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati percepiti in modo illecito.

L’operazione, come noto, è molto più ampia e verte attorno all’impero Filanto e al suo indotto. Il 26 marzo scorso, i finanzieri hanno sequestrato beni mobili, immobili e somme di denaro, nei confronti di persone riconducibili alla Filato Spa di Casarano, la più nota società specializzata nella produzione delle calzature del Salento, con l’ipotesi di reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni della Regione Puglia e dell’Inps.

L’inchiesta, avviata nel 2009, riguarda le sovvenzioni pubbliche erogate dalla Regione nell’ambito del Por Puglia 2000/2006, misura 4.1, azione d) Pia” (Pacchetti integrati di agevolazioni) al Consorzio produttori salentini calzature di Casarano.

Secondo quanto emerso, gli indagati, in violazione del bando di concessione del finanziamento regionale, avrebbero posto in essere un’operazione finalizzata a scorporare veri e propri rami d’azienda della Filanto, per trasferirli alle società aderenti al già citato Consorzio, formato da Tecnosuole Srl, Tomaificio Zodicaco Srl, Italiana Pellami Srl e, appunto, ad Iris Sud Srl, tutte con sede a Casarano, per consentire a queste ultime di aderire al Por ed ottenere contributi per circa 4 milioni e mezzo di euro, altrimenti non spettanti. La Filanto, infatti, società di notevoli dimensioni, non aveva i requisiti soggettivi necessario, in quanto non definibile pmi (piccola e media impresa).

I finanzieri hanno anche accertato che le società consorziate non avrebbero goduto dei requisiti oggettivi, dato che non sarebbe stato realizzato alcun nuovo impianto, come previsto dal programma d’investimento, limitandosi ad utilizzare beni strumentali già nella disponibilità della Filanto. Gli indagati avrebbero anche smobilizzato gli asset della Filanto, la quale avrebbe così ottenuto le necessarie liquidità per fornire ai responsabili delle società consorziate i mezzi finanziari per comprovare le disponibilità finanziarie utili ad ottenere le erogazioni pubbliche. Le consorziate, infatti, ottenuti i contributi regionali avrebbero “restituito” le liquidità alla Filanto.

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